Francia: Acquisti responsabili
Gli acquisti pubblici rappresentano oltre un decimo del prodotto interno lordo. Vale quindi la pena sostenere le filiere più intelligenti. La piattaforma nazionale di scambio elettronico Acquisto pubblico e sviluppo sostenibile mette a disposizione dei contatti di acquirenti pubblici e documenti catalogati in base alla loro funzione (guide, delibere, capitolati), alle categorie di prodotti (veicoli, computer, ecc.), ai settori considerati (ambiente, ecc.), alla localizzazione e altri parametri. Il sito è: www.achatsresponsables-bdd.com
Fonte: LaRevueDurable, numero 33 aprile –maggio 2009
La Ricetta di Cadbury: taglio di posti e cioccolato equo e solidale
La società inglese Cadbury, che dal 1902 produce barrette e ovetti di cioccolato e cacao solubile, è appena uscita da una lunga fase di ristrutturazione, durante la quale ha tagliato centinaia di posti di lavoro, ha abbandonato la costosissima sede centrale di Londra e ha congelato le remunerazioni di 150 senior manager.
A marzo i risultati finanziari sono tornati positivi: i profitti sono saliti del 30% e la produttività è ai livelli più alti di sempre. Tutti contenti? No, non ancora. Perché, con una mossa inattesa, i manager di Cadbury hanno deciso di aumentare i costi di produzione, ma in un modo inedito: la società ha infatti annunciato che, dalla metà del 2009, tutto il cacao contenuto nelle barrette e nelle bevande al cioccolato, sarà comprato da produttori con il marchio Fair Trade, che certifica il commercio equo e solidale. In Gran Bretagna le vendite dei prodotti del commercio equo sono salite del 435 nel 2008. La scelta di Cadbury potrebbe portare il mercato a una crescita record nel 2009. “Due terzi del cacao che usiamo viene dal Ghana, ma buona parte delle aziende agricole sono in declino e molti giovani stanno abbandonando l’attività”, spiega la società in una nota. L’unica eccezione sono le fattorie che vendono alla rete del commercio equo. Ricevono un prezzo più alto e di conseguenza la qualità del cacao è migliore. Per questo Cadbury ha deciso di sostenerle.
[ Fonte: Valori, Anno 9 n°68, aprile 2009]
Materiale informatico e politica d’acquisti pubblici sostenibili: Zugo dice no, Berna dice si
Il Consiglio di Stato del canton Zugo ha respinto la proposta di esaminare la sua politica d’acquisti di computer. Questo è quanto emerge dalla risposta del governo al postulato inoltrato il 26 maggio2008 “Per degli acquisti pubblici sostenibili di computer”. Il governo del canton Zugo motiva la sua risposta negativa con la normativa relativa al diritto dei mercati pubblici in vigore nel cantone che applica legge federale sui mercati pubblici. Questa non è però sufficientemente efficace, infatti solo i concorrenti di una gara d’appalto svizzeri devono rispettare le disposizioni e le condizioni del diritto del lavoro.
Segnali positivi giungono invece dal canton Berna. Nella risposta a un analogo postulato, il governo ha riconosciuto che il rispetto delle convenzioni fondamentali sul lavoro dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) non devono valere solo per concorrenti e le imprese svizzere di beni e servizi, ma anche per quelli stranieri. Il governo del canton Berna ha quindi deciso, evidenziando le sfide concrete che ciò comporta – come il controllo delle condizioni di lavoro nei paesi produttori - di sostenere la rivendicazione e di accettare il postulato. Il postulato, inoltrato dalla socialista Nadine Masshardt, esigeva che il governo cantonale seguisse in futuro una politica di acquisti sostenibile. Gli argomenti a sostegno del postulato venivano presi proprio dallo Consiglio federale che nel suo rapporto Strategie per lo sviluppo sostenibile 2008 -2011 sottolinea che i beni ed i servizi dovrebbero rispettare degli elevati criteri economici, ecologici e sociali su tutto il loro ciclo di vita. La decisione del canton Berna, in contrasto rispetto a quella di Zugo, dimostra che se si vuole è possibile adottare una politica d’acquisti sostenibili e rispettosi dei diritti umani.
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Fonte: Campagna delle associazioni “Sacrificio quaresimale – Pane per i fratelli” Newsletter 1/2009]
Danimarca, rapporti di Responsabilità sociale delle imprese dalle prime 1'100 imprese.
Dal 2010 le 1'100 maggiori società danesi (anche investitori istituzionali) saranno tenute a inserire un rapporto dettagliato sulle loro attività di responsabilità sociale d’impresa (RSI). Lo ha stabilito il Parlamento sottolineando come gli stessi revisori dei conti saranno chiamati a verificare le informazioni fornite. Sarà l’esecutivo danese, infine, a dettare le principali linee guida dell’operazione al fine di agevolare l’applicazione della legge. “Sono davvero lieta che il Parlamento abbia sostenuto così fortemente questa legge – ha commentato la premier danese Lene Espersen -. Ci sono molte compagnie danesi che operano bene nell’ambito della corporate social responsibility ma queste, spesso, non rendono noti i loro sforzi. Spero che questa legge rafforzi la consapevolezza che la Danimarca è in grado di dare vita a una crescita economica sostenibile”. Parole di apprezzamento anche dal presidente del consiglio delle Nazioni Unite per i Principi degli Investimenti Responsabili Donald MacDonald. “Nel contesto dell’attuale crisi finanziaria - ha dichiarato il funzionario ONU – è quanto mai urgente promuovere una maggiore trasparenza soprattutto nell’ambito dell’ambiente e delle prestazioni in termini di governance e responsabilità sociale. Per gli investitori la responsabilità d’impresa e la gestione dei rischi extra finanziari risultano essenziali”.
[Fonte: Valori Anno 9, Febbraio 2009]
La Svizzera sulla strada dello sviluppo sostenibile
Il 15 dicembre scorso, l’Ufficio federale di statistica (UST) e la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) hanno emesso un comunicato stampa relativo all’impegno della Svizzera nell’ambito dello sviluppo sostenibile. Da questo emerge un impegno accresciuto del nostro paese.
Innanzi tutto, la Svizzera sta progressivamente riducendo i dazi sulle importazioni per consentire l’accesso al mercato svizzero ai Paesi in via di Sviluppo. Parallelamente, si nota una maggiore sensibilità e responsabilità anche nella popolazione verso il commercio equo che è in continua espansione. Negli ultimi dieci anni, ad esempio, il consumo di banane equo - solidali è quasi quintuplicato. Inoltre, si nota anche un maggior investimento, seppur ancora modesto, delle imprese svizzere nei Paesi del terzo mondo. Investimenti che consentono la creazioni di posti di lavoro e il trasferimento di conoscenze e tecnologie necessarie per creare in quei paesi delle migliori condizioni di vita.
Accanto a questi aspetti in sostanza positivi, vi sono però anche dei risvolti negativi. I carichi ambientali prodotti dall’economia svizzera vengono infatti trasferiti verso altri Paesi. Nel 2006, per ogni tonnellata di prodotti importata in Svizzera, sono state impiegate, al di fuori del nostro Paese, all’incirca 4 tonnellate di materiale che sono state necessarie per la loro produzione ed il loro trasporto. Inoltre, la Svizzera consuma una quota maggiore di risorse naturali rispetto a quella che le spetterebbe a livello globale. Ciò significa che il nostro paese presenta un’impronta ecologica pari a più del doppio della biocapacità media mondiale.
Per maggiori informazioni, si veda il comunicato stampa.
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Notizie sugli acquisti pubblici sostenibili
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